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22.03.2005
Cosa prevede la Costituzione berlusconiana

Camera dei Deputati Sarà l'organo politico, costituito da 518 deputati (oggi sono 630), di cui 18 eletti all’estero. I deputati a vita, nominati dal Capo dello Stato, possono essere 3; di diritto sono deputati gli ex Presidenti della Repubblica. L'età minima per essere eletti scende a 21 anni (adesso è di 25). La Camera è eletta per cinque anni. Le Commissioni d'inchiesta avranno gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria; la loro presidenza sarà assegnata all'opposizione.

Senato Federale I senatori saranno 252 (oggi sono 315), eletti in ciascuna Regione contestualmente ai consigli regionali. A loro si sommeranno i 42 delegati delle Regioni, che partecipano ai lavori del Senato federale senza diritto di voto: due rappresentanti per ogni regione più due per le Province autonome di Trento e Bolzano. Sarà eleggibile chi ha 25 anni (oggi la soglia è di 40 anni). Con la proroga dei Consigli regionali e delle province autonome sono prorogati anche i senatori in carica.

Capo dello Stato Il presidente della Repubblica non è più il rappresentante dell'unità nazionale, ma è «garante della Costituzione e dell'unità federale della Repubblica». Sarà eletto dall'Assemblea della Repubblica, presieduta dal Presidente della Camera dei deputati e composta da tutti i parlamentari, i governatori e i delegati regionali. Può diventare presidente della Repubblica chi ha compiuto 40 anni (oggi il requisito anagrafico è di 50). Il Capo dello Stato è eletto a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi. Non ha più il potere di sciogliere le Camere, potere che passa al primo ministro. In sostanza il presidente viene ridotto a notaio, esecutore della volontà del premier o della maggioranza. Decreta lo scioglimento della Camera su richiesta del primo ministro che se ne assume la responsabilità. Ha l’obbligo di sciogliere la Camera nel caso in cui la maggioranza uscita dalle urne approvi una mozione di sfiducia. Non è più il rappresentante dell’unità nazionale ma dell’«unità federale». Il Capo dello Stato indice le elezioni della Camera e quelle dei senatori. Nomina i presidenti delle Autorità indipendenti, il presidente del Cnel e il vicepresidente del Csm nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.

Premierato Nella nuova costituzione non c'è più il presidente del Consiglio, ma il Primo ministro. Nominerà e revocherà i ministri (cosa che adesso spetta al Presidente della Repubblica), «determinerà» la politica generale del governo (anche il lessico ha il suo peso) e dirigerà l’attività dei ministri. Non dovrà più ottenere la fiducia della Camera ma solo illustrare il suo programma sul quale la Camera esprimerà un voto. Potrà chiedere alla Camera di esprimersi «con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del governo». In soldoni può chiedere alla Camera di votare «con priorità» la fiducia su una proposta che gli sta particolarmente a cuore e se la sua maggioranza non è d’accordo a concedergliela subentra il ricatto dello scioglimento. Viene eletto mediante collegamento con i candidati ovvero con una o più liste di candidati, norma che consente l’adattamento a un sistema elettorale proporzionale e che è stata voluta fortemente dall’Udc.

Norma anti-ribaltone e sfiducia costruttiva La Camera potrà costringere il premier alle dimissioni dopo la presentazione e l’approvazione di una mozione di sfiducia firmata da almeno un quinto dei componenti. I deputati appartenenti alla maggioranza uscita dalle urne possono presentare una mozione di sfiducia costruttiva con la designazione di un nuovo primo ministro. Cioè si delinea un sistema che si basa sui ricatti e sul conflitto istituzionale.


Devolution Le Regioni avranno potestà legislativa esclusiva su alcune materie come assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, polizia amministrativa e regionale. Un esempio: la competenza in materia di salute è dello Stato, l’organizzazione sanitaria spetta invece alle Regioni. Ma l’organizzazione sanitaria è parte fondamentale della salute. Per quanto riguarda la scuola, una parte di competenze va allo Stato, un’altra alle Regioni, un’altra alla competenza concorrente di Stato e regioni. Tutto dipenderà dai rapporti di forza.


Interesse nazionale e clausola supremazia È la bandierina di An. L’introduzione di questa clausola consente al governo - quando ritenga che una legge regionale pregiudichi l’interesse nazionale - di impugnare tutte le leggi regionali sottoponendole al vaglio del Parlamento che può annullarle. D’altra parte lo Stato può sostituirsi agli enti locali nel caso di mancato rispetto di norme internazionali o di pericolo grave. Da una parte la messa in discussione dell’universalità dei diritti con la devolution, dall’altra l’accentramento a seconda dell’orientamento dei governi.


Corte Costituzionale Aumentano i giudici di nomina parlamentare. Dei 15 giudici 4 saranno nominati dal Quirinale, 4 dalle supreme magistrature, 3 dalla Camera, 4 dal Senato. Non si potranno candidare o essere nominati a cariche pubbliche nei tre anni successivi al mandato.


25 Marzo 2005
Referendum popolare: ecco come e quando

Può essere indetto tre mesi dopo la seconda deliberazione delle Camere e non ha bisogno di quorum. Legge sospesa in attesa del pronunciamento


ROMA Il referendum popolare sul progetto di revisione costituzionale cosiddetto Berlusconi-Bossi è già del tutto inevitabile, una volta che la maggioranza ha sprecato l’ultima occasione di confronto con l’opposizione al Senato. Si è così conclusa la prima delle due deliberazioni parlamentari su testo conforme. Nella seconda il disegno di legge è inemendabile. Quindi, i singoli articoli non possono essere nè stralciati né modificati. Possono essere abrogati solo dal referendum. L’opposizione ha già annunciato che farà ricorso a questa possibilità prevista dalla Costituzione. Ma come, e quando potrà pronunciarsi il popolo sovrano?

Il referendum costituzionale Ha una sua specifica configurazione nello stesso articolo della Costituzione, il 138, che disciplina le leggi di revisione della Carta fondamentale della Repubblica e le altre leggi costituzionali. Queste leggi «sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali». L’iniziativa, dunque, può partire da soggetti politici, istituzionali e sociali anche diversi tra loro, o configurarsi con differenti modalità (ad esempio, sia su domanda dei parlamentari sia con la raccolte di firme tra gli elettori).

Una garanzia in più L’articolo 138 indica due meccanismi di approvazione delle leggi di revisione della Costituzione. Uno è quello seguito, in questo caso, dal centrodestra sin dall’inizio: le leggi «sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione». L’altro metodo, tradizionalmente (l’eccezione, che non manca, è di quelle che confermano la regola) seguito in Parlamento, implica la più larga convergenza, ed è il solo considerato dai costituenti in grado di garantire la rappresentatività della sovranità popolare rendendo superflua la verifica nelle urne: «Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti». Il referendum, insomma, non è obbligatorio, ma è concepito come una forma di garanzia diversa da quella, mancata, delle più large intese.

La legge resta sospesa fino al pronunciamento popolare Sempre l’articolo 138 sancisce che la legge di revisione costituzionale sottoposta a referendum «non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi». Quindi, fino a quando non saranno trascorsi i tre mesi dalla pubblicazione della legge necessari per promuovere il referendum, e - in presenza di questa iniziativa - fino all'espletamento della consultazione popolare, l’efficacia del provvedimento resta sospesa.

Non c’è quorum A differenza del referendum abrogativo, che diventa valido solo se vota la metà più uno degli aventi diritto al voto, il referendum sulle leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali non ha quorum, essendo l’approvazione legata solo all’espressione della «maggioranza dei voti validi».

Seconda lettura parlamentare senza emendamenti La fase della prima deliberazione, prevista dall’articolo 138, si è esaurita l’altro giorno, quando il Senato ha approvato lo stesso testo ricevuto dalla Camera con una striminzita maggioranza qualificata (ovvero la metà più uno degli aventi diritto al voto). Essendo già passati tre mesi dalla prima votazione della Camera, la legge può tornare subito a Montecitorio per la seconda deliberazione. Su un testo che, tecnicamente, diventa inemendabile: si potrà pronunciare solo un sì o un no sull’insieme della legge. In caso di approvazione, il sì definitivo del Senato potrebbe arrivare dopo tre mesi dalla votazione di mercoledì, quindi per la fine di giugno.

Prima o dopo le elezioni politiche? Solo una volta perfezionata la seconda deliberazione in entrambe le Camere, possono scattare i tre mesi per promuovere il referendum. Se si rispettassero scrupolosamente le procedure parlamentari, la pubblicazione della legge avverrebbe ai primi di luglio, ma anche se si perdesse tempo fino a settembre, il referendum potrebbe essere perfezionato entro dicembre, e gli elettori sarebbero chiamati a pronunciarsi prima delle elezioni politiche previste per l’aprile 2006. Se, invece, il centrodestra decidesse di prendere tempo (imponendosi nella definizione del calendario dei lavori parlamentari) facendo slittare il voto definitivo del Senato verso la fine del 2005, automaticamente i tre mesi di tempo previsti per l’iniziativa referendaria farebbero slittare il pronunciamento popolare a dopo le elezioni politiche.